Exhibitions

An Intelligent Design

 

 

 

Paolo Cavinato

 

 

The Flat - Massimo Carasi

 

Sede Via Frisi 3 - Porta Venezia, Milano 20129 

Informazioni Tel +39 02 58313809

carasi-massimo@libero.it

www.carasi.it


16 settembre - 13 novembre 2010

 

 

 

“Dio geometrizza sempre”: fedele a questo assunto pitagorico e platonico, l’umanità ha costruito nel corso dei secoli dei dispositivi per figurare l’infinito, attraverso un meccanismo di matematizzazione che ha piegato il visibile e lo ha assoggettato all’idea, lo ha irretito in coordinate spaziali, lo ha organizzato in punti di fuga, lo ha traslitterato in cifre algebriche.

Nella ricerca di Paolo Cavinato lo spazio è plasmato secondo una volumetria di pieni e di vuoti lungo il discrimine fra presentimento dell’infinito e senso della precarietà.  Se egli mantiene la pregnanza e la portata simbolica di questi dispositivi, non cessa di rileggerli, al contempo, con disincantata leggerezza, riformulandoli tramite il filtro di un lavoro di bricolage condotto con piglio lieve e ostinato al tempo stesso. Affrontati con colla e taglierino, realizzati con materiali fragili e poveri, i rosoni, le sezioni auree, gli agglomerati labirintici di cellette e meandri si incarnano in oggetti detentori di una luminosità liscia e volatile, da “camera chiara”. In certo senso potrebbero essere visti come un ingranarsi e susseguirsi ritmico di camere chiare essi stessi, in cui si dispiega una fluttuante alchimia dello sguardo. I suoi risultati vengono a confronto con la quotidianità, e in alcuni casi incrociano i loro percorsi con le forme di oggetti d’arredo, ma come lisciati e spogliati dal peso di qualsiasi  funzionalità, depurati, pervasi da una impalpabile grazia.

“Poiché oggi Arte significa solo concettualismo esasperato, dobbiamo raffinarci e sostituire Arte con Fare Arte”: condividendo l’intuizione espressa da Nicola Trezzi in un suo recente articolo, anche il lavoro di Cavinato potrebbe essere inserito in questa ricerca di nuove costellazioni di oggetti “talismanici”. Siamo agli antipodi del ready made, l’oggetto è multiplo: è attraverso la maniacale e insieme divertita attività di ritaglio e incollaggio che archetipi millenari si rinfrescano nella corrente eraclitea che passa attraverso l’oggi, attraverso una pratica di design che prende in prestito il requisito dell’intelligenza di questi archetipi per rimetterlo in gioco nel ritmo della manualità e dell’attualità, per riviverlo con disincanto e leggerezza: sfaccettata, appunto, un po’ sfacciata, forse, in questo sfiorare il senso dell’assoluto nella quotidianità, in questo cogliere il “suggerimento cristallografico di Dio” (Gadda) nella precarietà dei materiali e nella frammentazione dell’assemblaggio. Lavoro di ritaglio,  di scolpimento, si potrebbe dire, del dettaglio, delle singole unità caleidoscopiche, le quali, una volta assemblate, sdrammatizzano  il dispositivo matematico  convogliandolo in un teatrino dove lo sguardo è catturato e lisciato attraverso le scalettature di un infinito portatile, di un assoluto realizzato a mano. 

Così, se prende spunto dalle reviviscenza di credenze creazioniste che interpretano l’idea di una perfezione matematica in modo letterale e dogmatico, come quel fenomeno divulgatosi negli Stati Uniti sotto il nome Intelligent Design (dicitura che queste forme ironicamente riecheggiano) il lavoro di Cavinato appare casomai più in linea con i ripetuti tentativi di quel Dieu bricoleur ipotizzato nel seicento dai giansenisti. In questa dialettica tra tracce d’assoluto e trame di precarietà il discorso resta aperto, le superfici postulano uno sguardo profondo e al contempo erratico, ci addentriamo nella prefigurazione dell’assoluto in punta di piedi, scorrendo a balzi leggeri lungo le  immacolate superfici di questi alveari di poligoni, in questi teatri in cui l’occhio ora si affonda e smarrisce, ora si libra e si allevia.

Se nelle proporzioni algebriche e nelle sezioni auree è inscritto un messaggio metafisico, il modo in cui queste si sviluppano, in un’impalcatura di materie dimesse e leggere, in costruzioni fragili e aleatorie, ci trasmettono questo messaggio come sgravato e sdrammatizzato, in un fremere di griglie e reticoli, scale e diaframmi: aleph in cui urge lo spazio cosmico, siepi d’infinito, soglie della mente, tutto significato in un intelligent design di tessere di cartoncino.


 

Alberto Mugnaini

 

 

 


 

 


 

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