Interior Projection #18
2024 Le affinità immaginate. La collezione del MAN, Museo MAN, Nuoro
2022 Appartenenze. Nuove acquisizioni, Museo Man di Nuoro
2019 Vanitas, Museo Civico Piero della Francesca, Sansepolcro
2018 Volta 14, Basilea
2018 NoPlaceSpace #4, Ex Ceramica Vaccari, Santo Stefano di Magra (SP)
Smalto e acrilico su filo in fluorocarbonio, cornice e telai interni in legno laccato, fondo in alluminio verniciato, vetro museale protettivo esterno
80 x 80 x 10 cm
Testo di Chiara Gatti, dal catalogo 100 capolavori, MAN-Museo d'arte della Provincia di Nuoro, Officina Libraria, Roma, 2023
Protagonista, nel 2022, della mostra Sensorama. Lo sguardo, le cose, gli inganni, Paolo Cavinato ha donato al MAN una delle sue prospettive chirurgiche in grado di aprire varchi verso uno spazio profondo. Interior Projection #18, esposto anche nell'ambito della mostra Appartenenze dedicata alle nuove acquisizioni e tenutasi durante l'autunno dello stesso anno, testimonia la più recente indagine compiuta dall'artista mantovano sul tema della percezione visiva e dell'esperienza sensoriale codificata dall'uomo tramite la figurazione di una realtà tridimensionale resa in piano grazie alla geometria proiettiva e alle sue linee tese verso l'orizzonte. Ma l'opera di Cavinato non si riduce a un disegno di architettura, precisissimo nel calcolo e nella tecnica che allestisce diorami fatti di fili in tensione e perimetri di edifici come volumi nel vuoto. La sua ricerca sullo spazio supera, infatti, i confini del mondo fisico, per avanzare in un mondo mentale, una sorta di metaverso che però l'artista materializza nella sua scacchiera di segmenti, direttive e traiettorie. Una gabbia, un reticolo palpabile individua così luoghi percorribili del pensiero, dove l'occhio affonda in profondità, seguendo sentieri apperentemente virtuali. L'inganno ottico innescato dalla costruzione del telaio di Cavinato vede lo spettatore interrogarsi sulla natura stessa dell'opera; se sia uno schermo attraversato da raggi luminosi, oppure l'assonometria di un progetto fatta con riga e squadra. Lo sguardo penetra e scopre allora i labirinti e le sezioni, le pareti e i selciati di una architettura da camera, memore della grande lezione cinquecentesca, della Città ideale e di Piero della Francesca, ma traghettata nel linguaggio digitale del contemporaneo, nella sfera di un Matrix dove vibrano l'ossatura e la radiografia del reale; tutto il resto è illusione. L'astrazione di Cavinato diventa lirica nel momento in cui i suoi ambienti in scatola si rivelano specchi della nostra coscienza, dedali cerebrali in bilico fra ansia di conoscenza e paura dell'ignoto. Come è accaduto in altri suoi lavori del passato, come le stanze in miniatura osservate da spioncini che scrutano intimità recluse, oppure altre allineate come cannocchiali di spazi in sequenza, dove la vista si spinge in lontananza, in cerca di un limite che non c'è. Chiara Gatti
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